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LINGUAGGIO FRANCESCANO: A COME ANTROPOLOGIA. LA DIGNITÀ DELL’UOMO SECONDO SAN FRANCESCO D’ASSISI

di Redazione online
Credit Foto - Archivio Fotografico Sacro Convento - Panini

Bogusz Stanisław Matuła, autore della voce “Antropologia” nella nuova edizione polacca del Lessico di spiritualità francescana, divide il tema in cinque punti: 1. Dio come il Creatore dell’uomo; 2. L’uomo come l’unità del corpo e dello spirito; 3. La visione positiva del corpo in relazione a Dio e al mondo; 4. Il difetto della natura umana; 5. L’uomo “caduto” e la necessità di conversione.

L’epoca medievale concentra la sua attenzione su Dio e non sull’uomo, poiché solo tramite Dio si riesce a capire la verità sull’uomo. Una concezione simile la presenta san Francesco, che prima parla del Creatore, della sua potenza, grandezza, podestà e paternità, poiché questa è la garanzia e il fondamento della dignità umana.

Il primo e più importante aspetto di essa scaturisce dal fatto che l’uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio. L’uomo con il corpo e l’anima è opera di Dio. Francesco lo vede particolarmente evidente in tutta la creazione, in quanto è l’unico essere creato a immagine del Figlio sia quanto a corpo sia a spirito, somigliante a Dio e collocato in paradiso (Adm 5,1).


Dio-Uomo è per l’Assisiate l’archetipo dell’uomo in tutti e due gli aspetti, così l’uomo è visto ontologicamente buono e nobile. L’uomo è composto da due elementi uniti dal Dio Padre, perciò nel cammino verso Dio non si deve separare il corpo e lo spirito, e ambedue devono servire per recuperare la primitiva armonia con Dio “spendendo tutte le nostre forze e i sentimenti dell’anima e del corpo in ossequio del tuo amore e non in altro” (Pat 5).



Nonostante la peccaminosità, questa è la visione unificante alla quale la persona dovrebbe tendere per realizzare l’armonia perduta tra il corpo e lo spirito. Il Figlio di Dio ha preso su di sé la nostra natura, perché “lo riceviamo con cuore puro e con il corpo casto” (EpFid A 14). In questo modo l’uomo può diventare come lo sposo, il fratello, e anzitutto la madre di Gesù Cristo “quando lo portiamo nel cuore e corpo nostro per amore e pura e sincera coscienza, e lo partoriamo per mezzo di un santo operare,  che deve irradiare gli altri come esempio” (EpFid A 53).

Francesco inoltre non raccomanda ai frati di colpire e castigare senza limite il proprio corpo, fino a distruggerlo, ma indica la moderata scelta di soddisfarlo perché sia pronto ad affrontare le esigenze della vita interiore (SpPer 97). Nonostante l’accento posto sull’aspetto spirituale non si incontra in san Francesco la visione pessimistica della propria corporeità né dal punto di vista metafisico, né religioso e morale. Negli Scritti non si trova da nessuna parte l’opposizione dei due elementi, e cioè del dualismo ontologico della lotta tra il corpo e lo spirito, caratteristico dei pensatori medievali basati sull’insegnamento di sant’Agostino d’Ippona. La debolezza del corpo, nel francescano spirito di speranza, è opposta alla forza dello Spirito del Signore.


San Francesco riflette sul ruolo del corpo nell’orizzonte del mistero dell’Incarnazione, perché la rivelazione del Verbo di Dio in un corpo umano è percepita da lui come approvazione piena della condizione umana e come bene in se stesso. Comunque negli Scritti si trovano anche degli accenti negativi. Dopo il peccato originale, che ha deturpato l’immagine primitiva e ha distrutto l’armonia della creazione, il corpo diventa anche la fonte della cattiveria, dei peccati e vizi. La rottura esistenziale tra il corpo e lo spirito si rivela negli atteggiamenti d’ira, d’intolleranza verso gli altri e verso se stesso, come è verificabile specialmente nei momenti di prova o di malattia (Rnb 10,4).

Rendendosi conto delle conseguenze di una natura caduta nel peccato e dell’allontanamento da Dio Creatore, san Francesco indica la necessità della conversione e della vita ascetica (Rnb 17,7; 23,5.8). L’uomo peccatore si fida più delle proprie forze e talenti, si appropria dei doni, vantandosi di essi, dimenticando che li ha ricevuti gratuitamente da Dio. Per ritornare a Dio l’esempio del suo Figlio è fondamentale, perché lui venne al mondo per la redenzione e salvezza dell’uomo. Di fronte a tale amore sconfinato, l’uomo dovrebbe rispondere con l’amore concreto e la totale sottomissione alla volontà di Dio. L’abbandono dell’amor proprio significa immergersi nell’umile Carità del Padre, rivelata nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, continuamente celebrata nell’Eucaristia.



 Emil Kumka (OFMConv, docente di Francescanesimo) - San Bonaventura Informa


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